LA VILLA DI TORRE, UN'IMPORTANTE STRUTTURA DI EPOCA ROMANA
Una ricca villa romana tra rigogliosa vegetazione e acque cristalline... a Torre di Pordenone.
Il complesso edilizio della villa romana di Torre si contraddistingue per una valenza produttiva e residenziale testimoniata, oltre che dai materiali archeologici, dalla strategica collocazione in un’area ricca di risorse, ben collegata attraverso fiumi navigabili e importanti assi viari. Gli scavi condotti dal conte Giuseppe di Ragogna nel 1950 e le successive ricerche della Soprintendenza, a causa della lacunosità dei resti, consentono però di ricostruire solo in parte l'insediamento di Torre e il suo sviluppo nel tempo.
La villa si struttura in un insieme di settori con diverse destinazioni d’uso, distribuiti nelle aree della bassura presso il Noncello, nel parco del Castello e in corrispondenza della chiesa parrocchiale.
L’edificio sembra caratterizzarsi per due principali fasi di vita: l’impianto originario, produttivo e residenziale di alto livello, può risalire al I sec. a.C. ed è seguito - dopo un periodo di parziale abbandono – da una più tarda occupazione prevalentemente produttiva.
Il settore meglio conosciuto, un’area di circa 1000 mq, è rappresentato dalle strutture rinvenute dal di Ragogna in corrispondenza dell’ansa del Noncello: qui si colloca la porzione occidentale di un impianto architettonico assai più esteso. Questa funzione è provata dalla presenza di stanze con pavimentazioni musive e soprattutto di un ampio vano con sistema di riscaldamento a ipocausto, di cui rimangono le pilae che dovevano sostenere il pavimento a suspensurae, sotto il quale veniva fatta passare aria calda. Questo ambiente viene identificato come calidarium e tepidarium, parte cioè di un percorso termale.
In questa fase, nell'area dell'attuale chiesa e lungo il pendio digradante verso il fiume, un ulteriore settore della villa è indicato dai resti di un grande terrazzo a emiciclo posto sulla cima del poggio e alcuni terrazzamenti. La soluzione architettonica aveva anche la funzione, quasi scenografica, di esaltare il panorama segnato dal fiume Noncello. La ricchezza di alcuni materiali archeologici riferibili a questa fase, compresi vari importanti lacerti di intonaco finemente affrescati anche con scene mitologiche, hanno fatto ipotizzare che il proprietario della villa fosse un personaggio di spicco, forse non solo a livello territoriale.
Danni e modifiche caratterizzarono l’edificio nel II sec. d.C., in seguito a un evento alluvionale. La villa venne riattivata in età tardo antica e destinata a funzioni produttive, ma nel processo di ristrutturazione ci furono interventi anche invasivi: ad esempio la distruzione degli intonaci affrescati di cui abbiamo già parlato.
Tracce di ristrutturazione sono attestate anche lungo il pendio dell’altura e nell’area del parco del Castello, dove figurano resti di ambienti di servizio e piccole stanze destinate ad alloggi servili o magazzini e un portico. Le strutture oggi visibili presso il Noncello rappresentano l’area meglio nota dell’edificio anche per questa fase e costituiscono parte della più ampia pars fructuaria della villa tardo antica. Al suo interno possono essere distinti settori destinati alla lavorazione di prodotti agricoli come grano o lino, alla loro conservazione ed essiccazione, alla spremitura dell’uva e fermentazione del mosto, all’immagazzinamento delle derrate in vista della commercializzazione, anche sfruttando il vicino fiume.
I materiali archeologici, compresi gli affreschi, sono conservati ed esposti al Museo archeologico del Friuli occidentale – Castello di Torre e sono elementi fondamentali della sezione dedicata all'epoca romana.
Foto aeree: Google earth pro. Le frecce indicano la localizzazione delle parti della villa scavate.
Foto a colori: archivio eupolis
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